La Profezia dolce di Ernesto Balducci

ANTICHE COME LE MONTAGNE ERNESTO BALDUCCI
 Il guscio si è rotto. Ma si è rotto male. Si è rotto non per una dilatazione della coscienza, ma per un’irruzione meccanica delle cause della paura dentro il perimetro del Panopticon […] La minaccia di morte, che investe tutti i popoli della terra, ci sta venendo incontro in vari modi, ciascuno dei quali di dimensione planetaria: come una selva di missili, o come catastrofe dell’equilibrio ecologico, dentro il quale l’umanità è incastonata, o come irruzione caotica dei popoli della fame dentro lo spazio in cui banchettano i popoli dell’opulenza. In una situazione siffatta, i punti di vista da cui giudicare le scelte umane, anche le più private (come se procreare o meno un figlio), sono ridotti ad unità. Ogni giudizio che non tenga conto di questa unità indissolubile del destino dell’uomo è già per questo immorale.
Le parole profetiche di Ernesto Balducci dalle pagine del suo ultimo libro “L’Uomo Planetario” scritto nel 1990. Una figura da riscoprire e tenersi vicino.  

L’incontro con Padre Balducci, per noi giovani del 2000, avviene grazie alle pagine polverose dei suoi libri, nascosti in qualche biblioteca di famiglia. Ci manca la forza vibrante dei suoi discorsi, raccontata da chi ha potuto sentire la sua energia dialettica. Abbiamo i suoi libri, libri da leggere e poi lasciar sedimentare. Arriviamo solo oggi a scrivere su Balducci e sul suo messaggio profetico di cui oggi abbiamo particolarmente bisogno. Riprendiamo in mano libri già letti e studiati alcuni anni fa, appunti presi qua e là su riflessioni innescate da queste letture. Rileggendole ora, in questo momento di confusione generale, quando sembrano essere crollati tutti i riferimenti morali, religiosi e politici su cui tracciare la via del futuro, emerge, con la chiarezza del diamante, il messaggio di Balducci.

 

 

Nel 1985 Balducci scriveva L’uomo planetario, testo di grandiosa attualità che iniziava con le parole di Alfred Einstein:

“Noi rivolgiamo un appello come esseri umani ad esseri umani: ricordate la vostra umanità e dimenticate il resto” così chiude – commenta Balducci – il Messaggio di Einstein all’umanità, del gennaio 1955. Con il realismo dello scienziato egli poneva, nei termini giusti, la nuova universalità a cui è chiamata, nell’era atomica, la coscienza morale. Questa universalità richiede […] l’adozione dell’appartenenza alla specie come unico criterio sufficiente di scelta morale […]

Il fatto nuovo, totalmente nuovo, è che la specie, la trama biologica da cui emerge l’umanità come libero soggetto del proprio divenire, è uscita dalla fissità dei dati di natura ed è entrata nell’area della contingenza. Il ventaglio dei possibili storici si è allargato a tal punto da inglobare in sé anche la vita della specie stessa[1].

 

Balducci metteva in allarme l’uomo degli anni ’80 che si avvicinava trionfante verso il nuovo millennio, convinto che ormai il secolo della guerra sarebbe finito e si aprisse un secolo di pace e sviluppo per tutti. Raccoglieva i segni che al contrario facevano pensare all’avviarsi di una fase apocalittica della storia dell’uomo occidentale, con i segni del caos che si facevano largo tra le coscienze.

in questi ultimi anni sono diventati evanescenti i punti fermi su cui poggiavano il compasso gli architetti del futuro, e sono divenuti evanescenti perché, le geometrie prospettiche tracciate a partir da quei punti sono state una dopo l’altra smentite dall’irrompere dei fatti […] Il balzo in alto della curva demografica, lo scompenso insuperabile tra rivendicazione dei diritti da parte del Terzo Mondo e disponibilità globale dei beni di consumo, la crescita quantitativa e qualitativa delle armi atomiche, la necessità del ricorso all’energia nucleare e la conseguente necessità di modificare in senso poliziesco le conquiste democratiche: sono appena alcuni fra i molti dati della situazione[2]

Eppure il crollo del muro di Berlino del 1989, rivoluzione sociale senza alcuno spargimento di sangue, aveva fatto sperare a tutti, che gli anni futuri sarebbero stati all’insegna di una significativa riduzione degli armamenti, dalla diminuzione del divario nord-sud con il deciso avvio dello sviluppo per i paesi del terzo mondo. Ma per Balducci si trattava solo di una piccola parentesi in una crisi strutturale del sistema politico-economico occidentale; riusciva ad intravedere già come la diffusione incontrollata della tecnologia al plutonio, minacciasse pericolose derive autoritarie delle moderne democrazie, che, negli anni ’80, apparivano come un modello culturale destinato a conquistare tutto il pianeta, supportato dalla rivoluzione tecnologica in atto.

Si apre un capitolo nuovo della storia degli ordinamenti […] in nome della sicurezza, dovranno ridurre, fino ad annullarle, le conquiste storiche della borghesia democratica e della classe operaia […] Basterà qualche grave atto di sabotaggio per creare nella base popolare le disposizioni favorevoli alla degenerazione poliziesca dello stato […] La logica della sicurezza diverrà inoppugnabile e le moltitudini vi si adatteranno progressivamente[3].

 

Qui si arriva ad intravedere l’orrore dell’11 settembre con l’attacco terroristico al World Trade Center e la conseguente stretta autoritaria, in nome della sicurezza che è iniziata negli USA e che minaccia, in tutto il mondo, i principi di libertà democratici.

E’ straordinario pensare alla lucidità visionaria di quest’uomo che riusciva a leggere dalle nebulose pagine del futuro, osservando attentamente i segni del presente.

Manlio Dinucci nel suo recente saggio Il potere nucleare (recensito nel numero scorso de Il colibrì) denuncia i pericoli dell’aver abbassato la guardia, negli ultimi 10 anni, dai pericoli connessi con lo sviluppo dell’energia nucleare. Dopo le mobilitazioni mondiali contro il dilagare delle armi al plutonio; dopo le tragedie ambientali provocate dalle centrali termonucleari (basti citare Cernobyl), si è avuto la sensazione che il pericolo nucleare fosse definitivamente sventato. Già negli anni ’90, si era di fronte ad una netta critica della via del plutonio. A rileggere le previsioni di Balducci oggi, ci coglie un brivido: l’amministrazione Bush, recentemente confermata con un consenso popolare senza precedenti, sta mettendo in atto un programma di rilancio e rinnovamento degli arsenali nucleari, unico potere in grado di mantenere la leadership indiscussa degli USA e soprattutto delle lobbies economiche che sostengono l’attuale amministrazione. La Guerra Infinita lanciata da Bush contro il terrorismo ha preso il via con il Patriot Act, una legge che limita fortemente le libertà personali e la privacy dei cittadini in nome della sicurezza.

Lo sguardo è tutto. “Non c’è bisogno di armi, di violenze fisiche, di costrizioni materiali – scrive Michel Foucault – Ma uno sguardo […] Uno sguardo che sorveglia e che ciascuno, sentendolo pesare su di sé, finirà con l’interiorizzare al punto di osservarsi da sé: ciascuno cioè eserciterà questa sorveglianza su e contro se stesso”. Foucalt si riferisce all’idea geniale che ispirò (eravamo alla fine del Settecento) a Jeremy Bentham il progetto del Panopticon.

“Alla periferia – così spiega Foucault – un edificio a forma di anello; al centro, una torre; nella torre sono aperte le finestre che danno sulla facciata interna dell’anello. L’edificio periferico è diviso in celle, ciascuna delle quali ne attraversa l’intero spessore. Queste celle hanno due finestre: una aperta verso l’interno, che corrisponde alle finestre della torre; l’altra, che dà verso l’esterno, permette alla luce di attraversare la cella da parte a parte. E’ sufficiente allora mettere un sorvegliante nella torre centrale, e in ogni cella rinchiudere un folle, un malato, un condannato, un operaio o uno scolaro. Per un effetto di controluce si possono vedere dalla torre le piccole sagome prigioniere nelle celle” […]

Il panopticon traduce in modo eloquente un aspetto costante delle ideologie di dominio nella loro fase di “civiltà”, che comporta il rigetto del metodo della bruta forza. I dominati vivranno in uno stato di riconoscenza, una volta che arrivino a guardare se stessi con lo stesso sguardo con cui li osservano i dominatori […] La parete che ci chiude nel Panopticon è tenue come un guscio d’uovo. Fuori del perimetro c’è il vuoto, che fa paura. La paura tiene più delle sbarre[4].

 

Basta pensare a quella parte opulenta dell’america o dell’Europa che si circonda di sbarre e sistemi di sicurezza per tenere lontani i milioni di indigenti che premono alle porte da ogni parte.

…il guscio si è rotto. Ma si è rotto male. Si è rotto non per una dilatazione della coscienza, ma per un’irruzione meccanica delle cause della paura dentro il perimetro del Panopticon […] La minaccia di morte, che investe tutti i popoli della terra, ci sta venendo incontro in vari modi, ciascuno dei quali di dimensione planetaria: come una selva di missili, o come catastrofe dell’equilibrio ecologico, dentro il quale l’umanità è incastonata, o come irruzione caotica dei popoli della fame dentro lo spazio in cui banchettano i popoli dell’opulenza. In una situazione siffatta, i punti di vista da cui giudicare le scelte umane, anche le più private (come se procreare o meno un figlio), sono ridotti ad unità. Ogni giudizio che non tenga conto di questa unità indissolubile del destino dell’uomo è già per questo immorale.

 

E’ necessario il passaggio ad un nuovo ordine mondiale, riflesso di un cambiamento profondo nella natura stessa della specie umana, una rivoluzione antropologica dell’entità delle grandi rivoluzioni evoluzionistiche del passato.

L’uomo vero a cui dobbiamo ormai convertirci non sta lungo il perimetro delle culture esistenti; sta più in alto, ci trascende, con un trascendimento che è già inscritto nelle possibilità storiche, anzi già prende forma, qua o là. […]

Sono tre le tappe nel processo di costituzione della “strategia dell’uomo planetario”:

La prima norma è il rispetto di principi elaborati dall’uomo occidentale (principi quali lo stato di diritto, l’uguaglianza di ogni cittadino davanti alla legge e il primato della coscienza davanti alla legge). […]

La seconda norma è l’adozione tanto del principio critico che sta alla base dell’intelligenza scientifica, quanto degli strumenti approntati dalla tecnica. […] Non c’è nessun dubbio che è stata la tecnica a creare le condizioni di struttura dell’uomo planetario.

La terza norma è la rivalutazione del sistema di interdipendenza Nord/Sud. […] La coscienza veramente umana si colloca nel punto di risoluzione della dialettica tra i due emisferi, una risoluzione che non potrà accadere solo sul piano culturale, dovrà prima di tutto mettere in questione l’ordine economico internazionale.

La norma ultima di questa strategia è la nascita dell’uomo planetario, di cui i processi sopra descritti sono come i momenti di gestazione. […]

Mentre abito la città presente, con i suoi miti, i suoi dogmi, le sue divisioni, insomma la sua ferocia velata di cultura e di religione, già abito, per una specie di doppia appartenenza, la città planetaria, in cui, divenuto inutile il tempio, ogni uomo ama spartire, come Melchisedec e Abramo, il pane e il vino. Non ci sono armi nella città in cui già vivo con una parte di me. E non c’è nemmeno la competizione tra le diverse religioni, perché la diversità è solo retrospettiva, vale solo come un tratto della memoria del lungo cammino. Venuta meno la necessità del salvagente, il vero culto di Dio è nell’essere aiuto all’uomo, sempre più libero dalla necessità, ma proprio per questo sempre più fragile e precario negli spazi dell’universo.

 

Profilo Biografico

Ernesto Balducci nasce il 6 agosto 1922 a Santa Fiora, un piccolo paese sul monte Amiata, da una famiglia i minatori. La famiglia era povera, viveva in un ambiente che ricorda come caratterizzato da enormi sacrifici e dedizione al lavoro. La sua estrazione sociale proletaria è sempre stata considerata da lui un aspetto fondamentale del suo percorso spirituale. Era attento ai problemi della sua comunità sentendo il dovere di dare voce alle lotte dei minatori dell’ Amiata.

Da adolescente entra nel collegio degli Scolopi e successivamente prenderà i voti. Arriva a Firenze nel 1944 e inizia l’insegnamento alle Scuole Pie Fiorentine e frequenta la scuola di Lettere e Filosofia dove si laurea nel 1950.

Conosce Giorgio La Pira e verso la fine degli anni Quaranta inizia una collaborazione tra loro che si esplica prevalentemente nei gruppi giovanili della S. Vincenzo. Da questo ambiente sarebbe sorto, nei primi anni Cinquanta, “Il Cenacolo”, che tendeva a superare i moduli assistenziali e prevedeva una formazione religiosa, teologica e spirituale impegnativa, con un’attenzione forte ai problemi politico-sociali.

Nel 1958 fonda la rivista “Testimonianze”. L’intento era quello di dare voce a un cattolicesimo che si fondasse piuttosto sul valore della “testimonianza”. Balducci esprimeva alcune esigenze di apertura sociale e di dialogo presenti nel mondo cattolico soprattutto giovanile,

Le censure romane verso i fermenti innovatori presenti nella Chiesa cattolica, che caratterizzano gli ultimi anni del pontificato di Pio XII, colpiscono anche le iniziative ‘imprudenti’ di La Pira con un conseguente allontanamento di religiosi legati a lui come Balducci che viene esiliato a Frascati.

Balducci dovette affrontare molte polemiche e conflitti per le sue prese di posizione. Come il processo che subì, a seguito della pubblicazione di un articolo-intervista su “Il Giornale del mattino” nel 1963, per apologia di reato per la difesa dell’obiezione di coscienza, conclusosi con la condanna in appello e in cassazione.

Per intervento di Paolo VI, incontrato nell’ottobre dell’anno precedente, Balducci, nel febbraio 1965 ritornò a Firenze.

Negli anni Ottanta è protagonista dei convegni promossi dalla rivista “Testimonianze” che hanno come ispirazione il tema “Se vuoi la pace prepara la pace”. In questa prospettiva si impegna, dal 1986, con la fondazione della casa editrice Edizioni Cultura della Pace (ECP). La riflessione e predicazione si incentrano sempre più nettamente sulla lettura del Vangelo come annuncio di pace e di una società nonviolenta; il suo impegno per gli emarginati nella città, i suoi rapporti con il carcere e con i detenuti ‘politici’, la sua partecipazione alle lotte di liberazione dei popoli del terzo mondo

Il 25 aprile 1992, Balducci muore in seguito ad un incidente stradale.

[1] E. Balducci, L’uomo planetario, Ed. Cultura della Pace, p.11

[2] E. Balducci, Il terzo millennio, Ed. Bompiani, pp 19-20

[3] ibidem, p.69

[4] E. Balducci, L’uomo planetario , pp 153-155

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